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27 gennaio 2023, Città del Messico

  • Immagine del redattore: Alberto Eugenio Liboni
    Alberto Eugenio Liboni
  • 11 apr 2024
  • Tempo di lettura: 2 min

Mi incontro con Jared, lo statunitense di Philadelphia, per un tè in

Amsterdam. Sono felice di incontrarlo, per due motivi: uno, è una persona

piacevole, che sa farmi sorridere ma anche riflettere e mettermi in dubbio;

due, ha una mia valigia, con tutti i miei oggetti e vestiti e libri che gli ho

lasciato per il viaggio in Chiapas e Yucatàn con M.


Mi racconta di una sua cotta finita male: incontra un ragazzo su Grindr, si

vedono per una cena, si baciano e ognuno torna a casa propria. Il giorno

dopo Jared gli chiede di sposarlo. Lui, l’altro, accetta. Non si vedono per

tutto il resto della settimana. Jared vuole incontrarlo anche solo per una

sigaretta sotto casa, ma lui, l’ altro, vuole che tutto sia perfetto, che gli

incontri siano organizzati e strutturati: cerveza, cena, margarita, una, due,

shot di tequila, inebriare gli spiriti, musica dal vivo, passeggiata, eccetera

eccetera. Non funziona. Nessuno ha mai tempo, e non si vedono per due

settimane, ma l’idea di sposarsi c’è e rimane. La chat passa da Grindr a

Instagram, poi si scambiano il numero. Jared lo chiama. Lui, l’altro, non gli

risponde: stava lavorando. Si vedono una seconda volta, e si fa chiara

l’incompatibilità dei due, nonostante un amore sbocciato in meno di un

batter di ciglio. Jared mi dice che quello che provava era solamente la

proiezione di tutte le mancanze che ha nella vita, proiezione all’esterno di

un vuoto che non riesce a colmare altrimenti, da solo.


Beh, scusami tanto Jared, che cos’è l’amore altrimenti? È la proiezione del vuoto che ci viene messo dentro, da sempre, geneticamente, homo sapiens sapiens, scatola

vuota da riempire.


Poi, Jared mi chiede come sto, e io gli rispondo “ma sì,

sto bene!”. “Certo che stai bene Alberto… tu non sei vuoto a metà, tu lo sei

completamente… e sei già pronto alla morte!”



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